Giù le mani dalla matriciana!

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Eccomi qui, per la ricetta del mio piatto preferito in assoluto. Ci ho pensato tanto prima di scrivere della matriciana, con la quale ho un rapporto intimo e misterioso… Scrivere pubblicamente della matriciana è come rivelare un grande amore che invece si vorrebbe tenere tutto per sè.

Per me non è un piatto come tutti gli altri. È il piatto del conforto, dei momenti di fame disperata, di riconciliazione con qualsiasi cosa, anche con la cucina a volte, è il piatto della mia romanità e più di tutto della mia infanzia e del forte legame con mio padre, con il quale bastava un’occhiata, lui capiva, prendeva il guanciale, il pomodoro e tutto il resto e la preparava per me.

Potrei rinunciare a tante cose ma non ad un sano piatto di matriciana! E mi ostino a chiamarla “matriciana” e non “amatriciana” per i motivi qui riportati.

Questo post lo stavo meditando da tanto tempo e non avevo veramente il coraggio di mettere la ricetta nero su bianco. La spinta finale a pubblicarlo l’ho avuta dopo una cena a casa di amici cari, lei romana, lui palermitano con il quale spesso ci prendiamo in giro sugli accenti e ci sfottiamo, ma in cucina non c’è storia: Roma, Roma, Roma! E quindi, quando sono entrata a casa loro e Nic mi ha detto: “ti ho preparato la matriciana e i saltimbocca alla romana” ho provato un senso di sollievo e di “casa”, con tutto il rispetto per i palermitani e per la loro onnipresente mollica… (e comunque adoro entrambi).

La pubblicazione del libro di Carlo Cracco invece è stata la seconda spinta ma, ahimè, in negativo… appena ho aperto il libro e, come al mio solito, sono andata sulla ricetta del mio piatto preferito, mi è venuta l’orticaria! Caro Carlo Cracco, sarai anche uno chef stellato e un “creativo”, nonché un gran bel pezzo di marcantonio, ma la matriciana non me la puoi ammazzare così! Per quanto dichiari di adorarla e di considerarla un piatto di cuore, scrivi: olio o burro! Ma stiamo scherzando? Il burro? Ma l’orrore deve ancora arrivare…. CIPOLLA E AGLIO! Il pecorino è inesistente e nemmeno vagamente menzionato come possibile ingrediente da aggiungere a piacere. Insomma, l’unica cosa giusta è il guanciale. E allora chiamala come ti pare ma non chiamarla AMATRICIANA, come scrivi tu, per non parlare della versione dalla quale dichiari di averla imparata, la “grigia”. Carlooooo! Si chiama gricia!

Comunque… per tornare alla ricetta, io la preparo esattamente come riportato da dissapore nella sua rubrica “la ricette perfetta”. Non metto la cipolla, mai! Mia nonna non la metteva e per i romani la cipolla nella matriciana è simile ad un insulto.

Per quanto riguarda tutte le possibili varianti di cui ho letto negli anni: guanciale sfumato con l’aceto balsamico, guanciale croccante, bucatini, spaghetti, peperoncino intero, in polvere, metà parmigiano e metà pecorino… non mi esprimo più. Come ve la propongo io (e dissapore) è esattamente come la faceva mia nonna e poi mia mamma, romane doc, sette generazioni, la sottoscritta è l’ottava, fate voi…

La ricetta:

400gr. mezze maniche rigate (decisamente preferibili agli insidiosi bucatini), 100gr. guanciale, peperoncino fresco, 500gr. pelati (se in stagione, 600gr. di pomodoro casalino pelati e privati dei semi), 100gr. di pecorino grattugiato fresco, sale, olio extravergine d’oliva.

Portate l’acqua ad ebollizione. Nel frattempo, scaldate una padella con un filo d’olio, aggiungete il guanciale tagliato a listarelle non troppo fini, cuocendo a fuoco basso fin quando il grasso non diventa trasparente; unite anche il peperoncino. Togliete una parte del guanciale e mantenetela al caldo.

Quando l’acqua bolle, buttate la pasta, e aggiungete il pomodoro nella padella con il guanciale, facendo cuocere tutto per 10 minuti e regolando di sale se necessario. Scolate la pasta e saltatela brevemente in padella, aggiungete parte del pecorino, finendo con il guanciale tenuto da parte e altro pecorino.

 

Foto gentilmente concessa da www.eilonpaz.com

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3 Comments

  1. Fra ma quando mi inviti
    per mangiarla? Ne ho un vago ricordo…ma molto positivo! Una delle migliori mangiate in vita mia…

  2. Un piccolo appunto: non è attestato da nessuna parte che l’amatriciana rossa sia un’invenzione romana. Dunque così come la chiami “matriciana” per etimologia storica dovresti anche evitare di considerarla parte della cucina romana, visto che non lo è. Scusa la pignoleria, ma siccome tutti fanno quest’errore è bene sottolinearlo. L’amatriciana, sebbene venga comunemente intesa come tale, non è un piatto tipico della cucina romana. ;)

  3. Mi ero scordato di scrivere che anche il nome “matriciana”, in realtà, è una storpiatura romana di “amatriciana”.

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